CARI SPETTATORI
CARI SPETTATORI
CARI SPETTATORI | Danio Manfredini
Due pazienti usciti dalla comunità psichiatrica, si ritrovano a vivere insieme in un appartamento affittato alla Caritas.
Condividono il quotidiano tra due letti, i comodini e una tv dalla quale proviene il suono di un dvd che trasmette filmini della comunità psichiatrica dalla quale provengono.
Gino è un aspirante regista di teatro e sta cercando di concepire il suo copione teatrale per poterlo pubblicare e diventare famoso. Arturo aspira ad una casa popolare da condividere magari con il suo amore.
Entrambi sperano di uscire dal contesto psichiatrico che li tiene sotto psicofarmaco, con un monitoraggio dei medici assistenti da lontano.
Tra lamentele, scontri e momenti di reciproca comprensione, passano le giornate tra i muri della loro stanza con poche e brevi uscite per le sigarette o la spesa.
A turno appaiono l’uno la vittima o il carnefice dell’altro.
Mentre Gino si proietta verso grandi tematiche per dare corpo al suo copione teatrale, con slanci esilaranti e plateali, Arturo dalla condizione di solitudine interiore, di bisogno di affetto, di comprensione, apre spazi di riflessione sulla condizione esistenziale umana e alla consapevolezza di essere entrambi agnelli in un mondo di lupi.
L’eco delle voci di altri pazienti, che vengono dal dvd, si mischiano ai dialoghi di Gino e Arturo ed evocano l’esperienza da cui provengono, ne restituiscono la complessità attraverso frasi pennellate, raccolte dalle bocche di pazienti veri della comunità.
Il mondo di fuori che arriva nella stanza con i rumori della città, le telefonate al dottore, alla dottoressa, a un amico a un operatore, creano un ponte con un mondo per il quale si sentono disadattati.
La tensione è verso l’uscita dalla gabbia e la paura di non essere in grado di affrontare un fuori che non contempla la fragilità e punti di vista diversi da quelli funzionali al sistema produttivo.
Mentre si arrovellano sul loro destino, forse qualcuno ha già pianificato il loro futuro?
Essere nella città,
in mezzo agli altri
ma sotto il controllo
dello psicofarmaco.
I due orfanelli
ormai sono cresciuti
Anche se resta ancora
Sotto una nuova ruga
Un poco dell’infanzia.
Vivere di pensione
Pur essendo giovani
Non avere l’obbligo
Di andare a lavorare
Lo stato si occupa
di sostenere un po’
chi ha una diagnosi
in campo psichiatrico.
Dottore, dottoressa,
Sempre reperibili
Una telefonata
In caso di bisogno.
Da poco alle spalle
La lunga esperienza
fatta in una nuova
forma di Comunità:
una strana famiglia
davvero numerosa,
vissuta per anni
sotto lo stesso tetto.
Un pranzo nel giardino,
la cena di Natale,
ricordi dei giorni,
Le notti silenziose,
Il bagaglio di vita
che ognuno porta con sé
Ora la modernità
offre l opportunità
di vivere in affitto
In un appartamento
caro della Caritas.
Una stanza per due
La cucina, il bagno
La città oltre il muro
Rumore del traffico
La giornata che corre
Le sirene gridano
Le campane lontane
I bambini giocano.
Nelle mura anguste
cercare di passare
i giorni che la vita
offre anche a loro.
Uno spera nell’arte,
L’altro in un amore.
La speranza d’uscire
da una gabbia stretta.
Vivere una vita
come tutti gli altri:
questi i desideri.
Una domanda aperta
Sul futuro che spetta…
Vivere insieme?
Vivere dal soli?
Condividere la sventura?
o separarsi?
Regia, scene, costumi, luci_ Danio Manfredini
Produzione_ Teatro di Sardegna
con_ Vincenzo Del Prete e Giuseppe Semeraro
Assistente alla regia_ Vincenzo Del Prete