Ramses e la libertà ritrovata a Cagliari

Ramses e' un giovane uomo felice, le parole di gioia gli nascono dalle fessure strette degli occhi azzurri, prima che dalla bocca. Ha trentacinque anni e la saggezza di chi sa che con il destino l’impazienza non serve: bisogna sogna saper stringere i denti, percorrere il tunnel e vedere la luce, anche quando la speranza sembra mancare.
Ramses la luce l'ha trovata a Cagliari dopo aver combattuto sempre in chiaroscuro - una guerra interiore prima di tutto, quella tensione ideale che da un lato gli diceva di scappare, dall'altro di restare al fianco del suo popolo e del suo esercito regolare, il Pkk.
Oggi il suo Kebab di piazza Yenne - Zazà, insegne luminose tinte di arancio - ad appena un anno dall'inaugurazione e' diventato un punto di riferimento per gli amanti della cucina halal di tutta la zona. Seduto al tavolino, lui guarda verso il mare e racconta la sua storia con calma, posando lo sguardo ogni tanto, come per accarezzare il suo sogno, ai giochi della figlia.
Il buio l'ha attraversato tutto, nei primi venticinque anni di vita, abitando quella zona della Turchia che il suo popolo continua a chiamare Kirdustan, anche se ad Ankara quel nome non piace. Quel confine ideale e' uno spazio interiore difficile da vedere per alcuni, da cancellare per altri. Qui - dove il Tigri e l'Eufrate si biforcano - sono nate la civiltà Assira e quella Babilonese. Qui - da quando esiste l'impero Ottomano - si combatte tenacemente ogni giorno.
Diyarbakir, la città d'origine di Ramses, in curdo si chiama Amed: si trova 1400 chilometri a Sudest di Istanbul, ha almeno un milione di abitanti ed è la capitale virtuale del Kurdistan turco. Seppur negata, la regalità cittadina e' stata riconosciuta dal'Unesco, che recentemente ha dichiarato Patrimonio dell'Umanità la sua struttura vecchia, circondata da 6 chilometri di mura romane e bizantine, e i giardini Hevsel, sul Tigri, che sono formati da lussureggianti frutteti, pioppeti e campi a ortaggi.
Quando Ramses era bambino c'era ancora il coprifuoco, dentro e fuori le mura. Per arrivare dalla casa alla scuola si passava da viali di barricate, roghi, ragazzi che sparavano e colonne di blindati. Si poteva vedere morire il proprio caro, un amico, un fratello così: in un istante.
I suoi fratelli e i suoi amici sono rimasti lì a battersi, nelle città dell'Anatolia curda. Sono determinati, ma hanno la tristezza di chi sa che la guerra la sta perdendo. Ramses invece non ha più voglia di combattere. È una vita che lotta contro l'esistenza - in primis contro la fame - 'ché quando era bambino mancava anche la terra - e con le mani ha imparato a fare altre cose, oltre che a sparate. Costruire case, prima. Cucinare, è meravigliosamente, poi.
È andato via da quelle dimore povere e devastate, come da una sciagura che ha visto troppe volte e che si ripeterà sempre  - e ha deciso di combattere un'altra guerra.  Nel 1998 ha fatto la valigia: passando dalla Germania e' arrivato a Perugia. Poi, miracolosamente, l'isola: solo qui ha trovato 'casa'. E in piazza Yenne, per
giunta, il salotto di Cagliari, dove ha aperto al mondo la sua finestra di pace. 'Mia figlia frequenta le scuole qui, il mio secondogenito nascerà qui. Bella cosa, la libertà'.
 

Guido Garau