God of Chaos
God of Chaos
di Phil Porter
regia Francesco Bonomo
con Daniel Dwerryhouse, Agnese Fois, David Marzi, Noemi Medas
progetto fotografico: Studio Lord Z
consulenza web: Emiliano Barbieriscene, Francesco Bonomo
prodotto da Sardegna Teatro - Compagnia Bonomo/Dwerryhouse
Viviamo nel tempo di una rivoluzione tecnologica e mentale, un movimento che vede i suoi primi passi con l’avvento dei personal computer ed arriva ai nostri giorni. Un nuovo mondo doppio, quello materiale e quello digitale dove lentamente ed ostinatamente stiamo migrando, rendendoci impossibile ormai pensare questo spazio di migrazione come un altrove.
È vero che siamo all’inizio di questa storia dell’uomo e come ogni inizio, come nell’infanzia, stiamo imparando a creare linguaggi, principi e codici per districare il caos dell’esistenza.
God of Chaos ci porta dove “i moderatori” di un Social Network decidono sull’opportunità di lasciare o togliere i contenuti pubblicati dagli utenti. Due donne ed un uomo per tre postazioni di controllo: messaggi di testo, immagini e video.
Discutono tra loro su temi scottanti della nostra nuova civiltà digitale e inevitabilmente ci mettono di fronte al problema irrimediabilmente aperto della responsabilità informatica. Stan è un quarantenne che vive ancora con la madre. Vorrebbe fare carriera ma non ne ha le capacitò, è un nerd poco adatto alla vita che affronta il suo lavoro senza farsi troppe domande ed è innamorato di Rosa. Rosa è l’anima nera del gruppo, una giovane nichilista capace di prendere le posizioni più scomode e sostenerle con violenza. Ha la capacità di metterci di fronte a opinioni che non vorremo condividere, ma che invece si annidano nascoste in ognuno di noi. Backy ha perso un fratello che si è suicidata per motivi che lei addebita a internet ed è questo il motivo per il quale ha scelto di svolgere quel lavoro. Sulla piattaforma Social vede un video dove un uomo tortura una altro uomo, Adam.
Decide di cercarlo per andare a salvarlo. Adam svela il personaggio di Becky, ci fa capire che lei non ha scelto quel lavoro per salvare il mondo, ma per salvarsi la coscienza e star meglio con se stessa.
Si invertono le parti: è proprio il giovane uomo, presunto indifeso e torturato a salvare Becky, dandole l’opportunità di rivedere il fratello grazie ad un espediente tecnico(deepfake).