Arie
Arie
John Ashbery coglieva nel mio lavoro “qualcosa che aveva a che fare con la musica e il modo in cui la musica scorre,
emblema della vita e come non puoi isolare una sola nota e dire se va bene o no:
devi aspettare che sia finita”.
Lella Costa
Nel marzo del 2010, gli Amici del Conservatorio di Milano hanno deciso di insignirmi del premio “Una vita per la musica”. La motivazione era, tra l’altro, bellissima. E coglieva nel mio lavoro qualcosa “che aveva a che fare con la musica”. E così sono andata a rileggermi i copioni dei miei spettacoli, da Ragazze su fino ad Adlib, per verificare se davvero in ognuno di loro ci fosse, più o meno esplicito, più o meno consapevole, qualcosa “che aveva a che fare con la musica”. E se ci tenete a saperlo sì, c’era. C’era la costante presenza della musica, non solo come semplice colonna sonora, ma proprio come voce altra, come interlocutore e comprimario e complice di palcoscenico; e c’erano anche, in ogni testo, dei brani costruiti con una scansione metrica che li rendeva molto più simili a uno spartito che a un copione, a un assolo che a un monologo. Piccole romanze recitate. Arie.
Riproporle, oggi, non vuole essere soltanto una sorta di rivisitazione antologica, ma anche e forse soprattutto un’occasione per cucire insieme momenti in apparenza lontani e diversi e magari scoprire che sì, c’è un filo che li unisce, ed è saldo, e regge al tempo e all’usura. Quanto al colore, non può essere che “rosso Marras”, il ligazzo rubio che da qualche anno avvolge di bellezza i miei abiti di scena, e non solo.
E poi a tutto questo materiale, che è ricco e vivo e vibrante di suo, non posso non sommare il meraviglioso regalo che è stato, in questi ultimi anni soprattutto, lavorare con i musicisti in carne e ossa, vivi e dal vivo, sul palco e in sala d’incisione: Paolo Fresu, Stefano Bollani, Rita Marcotulli, Furio Li Castri, Paolo Damiani, Danilo Rea, Antonello Salis, Bebo Ferra. Per non parlare delle incursioni nella musica classica, con Ruggero Laganà, con Giorgio Mezzanotte, con Rosetta Cucchi. E chissà che non trovi anche il coraggio di andare a riscuotere la promessa pronunciata in presenza di testimoni da Paolo Conte, qualche tempo fa, di scrivere qualcosa per la soubrette che è in me (testuale). In fondo è stato lui a dichiarare che per fare musica “ci va carattere e fisarmonica, senso del brivido e solitudine”: almeno due elementi su quattro mi appartengono profondamente. E se volete scoprire quali, dovete solo venire a teatro.
Lella Costa