Lo struggente ballo di due solitudini - recensione

Data: 
Lunedì, 20 Gennaio, 2014

prime teatrali

Al Minimax la pièce di Benet I Jornet a cura del Teatro Sardegna

di Roberta Sanna

CAGLIARI. Un ballo finale struggente e vero, un abbraccio di solidarietà femminile per sostenere l’addio a due vite da concludere. È il momento di verità e scioglimento che offre un senso profondo a "Due donne che ballano" di Josep Maria Benet I Jornet, considerato un maestro del teatro catalano - che il Teatro Stabile di Sardegna ha proposto nella fine settimana al Minimax alla presenza dell’autore, protagonista sabato di un incontro con il pubblico. Comincia con i toni della commedia la storia di questa coppia sghemba, una donna anziana dalla vita scialba e una giovane insegnante che fa per qualche ora le faccende domestiche da lei. Prosegue con le schermaglie, aspre e ironiche, per conoscersi quasi con fatica. L’una difendendo acidamente la propria dignità di anziana giovane di spirito, l’altra il difficoltoso svelamento di un dolore infinito e indicibile.

Procede per quadri e “giorni di pulizia”, tra cacciate e ritorni, racconti e tracce biografiche, parolacce e piccoli gesti, il lento avvicinamento che l’autore ci mostra con sguardo da entomologo. Oppure da etologo applicato all’umano, visto che più che disegnare psicologie, Benet I Jornet fa cogliere, attraverso una serie di episodi significativi, l’evolversi di un’interazione. Stanno al gioco il regista Francesco Brandi e le brave interpreti Maria Grazia Sughi e Eleonora Giua, aderendo al ritmo da commedia del dialogo e alle improvvise rarefazioni, accettando il duello di maschere e stereotipi che all’inizio le contrappone, e lasciando pian piano filtrare la verità umana di ciascuna. Dai brontolii e le sfuriate da vecchia e capricciosa strega, l’anziana (Sughi) mostra pian piano l’accettazione di un passato scarso d’amore e soddisfazioni e la consapevolezza di un presente ormai svuotato di valore vitale. E insieme l’interesse, la comprensione, la tenerezza per l’altra. Le rigidità iniziali della giovane perdono angolosità nei diverbi che l’anziana propone abilmente per aprire varchi in quel silenzio ostile. Subito è reattiva, quasi divertita, infine conquistata da quella lucida capacità di accettare la propria realtà fino alle estreme conseguenze. E scopre una possibilità d’ascolto e comprensione, un’affinità creduta impossibile in quell’appartamento fatiscente e intriso di solitudine. E una compagna con cui affrontare l’ultimo ballo.

 

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