“Elena” o la grande illusione Dentro il cuore di un dramma

Data: 
Domenica, 4 Maggio, 2014

 

Al Massimo ha debuttato venerdì la tragedia di Euripide del Teatro Sardegna La regia di Guido Monticelli riannoda i fili con la lezione di Giorgio Strehler

 

CAGLIARI. In questa “Elena” di Euripide messa in scena dal teatro di Sardegna, regia di Guido De Monticelli, i personaggi sono sospesi in una sorta di limbo. La realtà non è come appare, siamo dentro una "grande illusione" che qualche Dio o forse un illusionista ha apparecchiato per i personaggi. La storia quella che ci è stata sempre raccontata e fuori dai confini del testo, una storia costretta a riscrivere il “mito” da dentro, quasi a comprimerlo, “mito” senza eroi o eroine, senza eroismi, un mito grande come la guerra di Troia, nata a causa del rapimento di Elena che, Euripide ci spiega, non ha avuto senso. Elena non è mai stata a Troia, ecco li c'era un fantasma, una proiezione fantastica, tutto ciò che è accaduto è stato vano: le morti, gli eroismi, il dolore, le passioni.

Euripide ha messo in piedi un plot che del tragico ha solo un lontano bagliore, tutto vira verso una singolare intimismo, nel quale tutti i personaggi sono soli con le loro verità. Menelao ha sofferto per nulla, Elena non è mai stata a Troia, era in Egitto. Chi sono questi dei che lasciano soli gli uomini? Sembra essere questa la grande domanda di Euripide capace di giocare liberamente con una delle grandi narrazioni che hanno affascinato intere generazioni di uomini e artisti. De Monticelli non si sottrae a questo destino, il suo è un approccio singolare, la sua regia sceglie di evocare un tratto scespiriano che la tragedia di Euripide contiene e anticipa, un elemento che rimanda alla Tempesta, che nasce dall'idea di uno smarrimento dei personaggi, una sorta di naufragio spirituale nelle loro esistenze. Per arrivare a questo riempie la scena di citazioni che appartengono alla sua storia di teatrante cresciuto nell'epoca di Strehler. Eppure questa Elena, una sobria messinscena, rivela che quella stagione del teatro italiano ha ancora una sua forza, la regia di De Monticelli è classica, si muove dentro un territorio sicuro, collaudato, senza troppe rotture e con molte certezze, ha un suo tempo, espone il tema e lo elabora, viaggia dentro il testo con sicurezza e si affida ad attori di grande forza e esperienza come Marco Spiga che finalmente in questo spettacolo ha un ruolo all'altezza del suo talento. Il suo Menelao ha i toni vibranti e un po’ astratti del migliore teatrodella tradizione italiana, quello dove riverberano frammenti di recitazione del grande attore .

Dizione chiara, voce alta e spiegata, equilibrio del gesto. Ben si adatta tutto questo a uno spettacolo che non raggiunge vette assolute, ma scorre con una forza tranquilla, la forza di un testo meraviglioso, visionario, poco frequentato colpevolmente dal teatro italiano. La tranquillità di un impianto registico dentro il quale tutti sanno cosa fare: Lia Careddu che regala allo spettacolo quel tono da commedia che ogni tanto affiora nel testo di Euripide, Giorgia Senesi che di questa Elena evoca lo stupore e la forza, e insieme a loro disciplinati Paolo Meloni, Luigi Tontoranelli e Benedetta Borciani che recita e canta con voce soave sulle musiche composte da suo padre Mario Borciani. Costumi di Adriana Geraldo e scenografia molto efficace nella sua lineare semplictà di Emilio Ortu Lieto.

 

 

Enrico Pau, la Nuova Sardegna, Cagliari 4 maggio 2014

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